Se il viaggio fosse solo un breve momento in cui si sale su un’aereo o ci si siede sulla poltrona di un treno, sarebbe solo un diversivo, un divertimento, un giocattolo che si consuma strada facendo. Il viaggio delle idee, dei simboli, delle tradizioni è invece lento come lo scorrere dell’acqua, ma a differenza del primo che lascia dietro di sé una scia di effimero, questo scava la sua via nella roccia, delle terre e degli edifici. Un viaggio nella Chiesa di Aquileia è il dipanarsi di un filo lunghissimo che dalla mia regione, il Friuli-Venezia Giulia, arriva fino in Egitto, un intreccio di storie poco conosciute che danno luce a luoghi ora sonnecchianti e marginali. Non è una gita quella che voglio raccontare, anche se tu potrai prendere un aereo, un treno o una bicicletta e arrivare nella pianura del Friuli che si apre al mare Mediterraneo, un’apertura fisica e simbolica.

Partiamo dai monti

A monte si suol dire per quelle cose di cui cerchiamo una causa meno superficiale della prima impressione, così anch’io parto dalle montagne, dalle prime Prealpi Carniche della Val Cosa. Un sabato di fine inverno ho avuto la fortuna di partecipare ad una delle uscite che organizza Pordenonelegge alla scoperta del Friuli. Tra le nebbie e le piogge che alimentano la primavera, ho seguito strade per me dimenticate, salendo lungo colline ancora spoglie ed un fiume color di smeraldo. Il grigio del cielo ha presto lasciato spazio alla meraviglia della curiosità, quella che ti afferra, ti porta via dalla stanchezza dei giorni e ti fissa lì dove sei con tutto te stesso.

Orecchie, mente e cuore erano rivolte alle parole di un narratore erudito e appassionato, che raccontava di guaritori ed asceti che dall’Asia e dall’Africa erano arrivati in Friuli alla ricerca di acque abbondanti. Angelo Floramo aveva aperto il foro in una porta murata, che di colpo lasciava trapelare connessioni all’apparenza impossibili: Esseni, guaritori ebrei, che dall’Egitto erano arrivati in Friuli mescolandosi con la nascente chiesa di Aquileia nei primi anni dell’era cristiana, per andare a lasciare segni leggibili ancora ora, tra colline e monti, trascurati e snobbati quasi da tutti!

Una gita fuori porta si era trasformata in un vero viaggio nelle storie del Friuli più nascosto.

Viaggio nella notte della Chiesa di Aquileia

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Con l’anima vibrante che aveva colto qualcosa di indefinibile ma palpabile nelle emozioni, mi sono avvicinato ad Angelo Floramo una volta terminata la sua narrazione e gli ho chiesto dove avrei potuto trovare maggiori informazioni, la sua risposta è stata un libro: “Viaggio nella notte della chiesa di Aquileia”.

La cosa strana è che quel libro mi era stato suggerito in un commento ad un articolo che avevo scritto sui Benandanti, una sorta di sciamani del Friuli. Come spesso capita, la distrazione dei giorni mi aveva portato altrove e mi ero dimenticato del testo, fino a quell’incontro a Clauzetto, in Val Cosa. Le due tessere si sono quindi unite e hanno indicato una strada, che non potevo non percorrere.

Il libro non è stato facile da trovare e questo è stato un bene. Ciò che è troppo facile da raggiungere a volte rimane su uno scaffale, in un angolo della percezione e del desiderio, come i luoghi vicini a casa, belli e accessibili, in cui finiamo per non viaggiare mai.

Una biblioteca della mia zona è riuscita a farmelo avere ed il viaggio è iniziato, portandomi fino agli albori del cristianesimo, tra gli apostoli e le loro umane diatribe. Le vecchie idee assunte a scuola e in parrocchia hanno aperto le loro crepe ed è apparsa una nuova luce.

Come una barca, le chiese viaggiano lontano

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Dopo le parole narrate e scritte sentivo però il bisogno di toccare con mano, di respirare la storia. Un impegno di lavoro mi ha portato a Cervignano, ho colto così l’invito a percorrere pochi chilometri per tornare alla chiesa di Aquileia, dove il presente si mescolava con il mio passato, una gita di famiglia di tanti anni fa, con i ricordi che assumevano i contorni sfumati ma con le figure dai colori vividi, come di vecchie foto degli anni ’80.

Lungo la strada è prima apparso il campanile della Basilica e poi colonne antiche, echi di fortune lontane, quando Aquileia era una delle più grandi città dell’Impero Romano e il suo porto si apriva verso l’Adriatico e il Mediterraneo intero.

Questa apertura non era solo delle merci ma anche delle idee, della filosofia e della spiritualità. Quello che è oggi una piccola cittadina della tranquilla provincia, luogo di passaggio verso il mare di Grado e la sua laguna, era un centro di potere e di cultura. Qui giungevano i prodotti del sud che andavano verso nord e verso est. Qui sono arrivati i primissimi cristiani a portare un messaggio allora dirompente.

La leggenda vuole che sia stato l’evangelista Marco a fondare la chiesa di Aquileia, il libro che avevo letto raccontava qualcosa di più. Gilberto Pressacco, sacerdote e studioso di un’erudizione profonda che traspare nel dialogo che forma il saggio, rivela come il mondo di allora fosse intimamente connesso.

C’è una storia nascosta, che a volte si conserva nei luoghi marginali, nelle “arretrate campagne” o nei borghi dei “montanari”. Tra le righe di queste narrazioni che difficilmente trovano spazio nei libri di scuola, si scopre l’ovvietà di un’umanità che nonostante le distanze fisiche e psicologiche ha sempre dialogato.

Non stupisce allora che gli Esseni, appartenenti ad uno dei filoni dell’antico ebraismo dediti ad una vita monastica e alla guarigione, fossero legati alle prime comunità cristiane, tra cui quella di Alessandria d’Egitto e che alcuni loro canti e balli, i quali avevano una funzione di estasi, di far cioè entrare in contatto l’essere umano con il divino, fossero presenti nelle campagne del Friuli nel 1600.

Gilberto Pressacco non si è inventato nulla ma ha ricercato per anni e ha viaggiato a lungo per supportare le sue tesi, in Israele, in Egitto e anche in Etiopia, trovando le tracce di un collegamento bizzarro che porta ad aprire gli occhi e la mente. La Chiesa di Aquileia, che nei secoli comandò dalla Lombardia all’Ungheria, dal Friuli all’Austria, era nata sotto la spinta di un movimento estatico con radici giudaiche, qualcosa di molto lontano dall’immagine che abbiamo della chiesa cattolica ai nostri giorni.

E se non bastasse questo collegamento già di per sé molto curioso, gli Esseni arrivati in Friuli, si sono insediati in luoghi ricchi di sorgenti, come la zona delle risorgive che attraversa la pianura friulana e quella di remote valli, come la Val Cosa e la Val d’Arzino, feconde di acqua e sufficientemente isolate per queste donne e uomini caratterizzati da un forte misticismo.

La loro influenza si è estesa poi, racconta Pressacco, al fenomeno sciamanico dei Benandanti. I legami tra questa tradizione che pare arrivare dalle remote steppe dell’Asia, tra cristianesimo ed ebraismo si infittiscono e si arricchiscono di particolari che mi fanno vedere la basilica paleocristiana in cui sono entrato come un centro di un potere più grande di quello della storia dell’uomo, bensì di quella dello spirito.

Il pavimento con il più esteso mosaico paleocristiano del mondo occidentale, le colonne romane, gli affreschi dell’abside e della cripta mi ricordano che dietro alla storia ufficiale, c’è l’insieme delle storie infinite, un dialogo mai sopito tra il pianeta, gli esseri umani e qualcos’altro di essenziale che è invisibile agli occhi, che ogni tanto trova le parole di un narratore erudito per emergere, come una risorgiva.

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Prima di andarmene, alzo lo sguardo verso l’alto. Il soffitto di legno della chiesa di Aquileia ricorda chiaramente la carena di una nave, come a dare conferma ad un’intuizione: si, le chiese viaggiano, ma sono soprattutto le idee a spostarsi sul dorso degli esseri umani e che la ricerca di qualcosa di più profondo e più vero non conosce confini, si può radicare ovunque per crescere al bordo delle sorgenti che possono dare loro il giusto nutrimento.

 

Foto di copertina: Fabrice Gallina, grazie all’Archivio PromoTurismoFvg