Camminare è un gesto antico, che accomuna l’umanità, che l’accompagna dall’alba dei tempi e in fondo la rende simile, perché cavalli, asini, macchine a vapore e a combustione vennero solo dopo. Prima, e per molto tempo, si andava tutti e solo a piedi. Forse per questo, oggi, in questa epoca di divisioni, di narcisismo e consumismo, le esperienze di cammino vengono ricercate e desiderate da sempre più persone. E come sempre, non serve andare lontano, percorrere le vie più famose e già narrate, ma basta guardarsi attorno e scoprire che si può camminare anche nei luoghi dietro casa, come ho fatto io col Cammino di San Cristoforo.

Il Cammino di San Cristoforo, un’esperienza in Friuli

Ponte di Ravedis, Cammino di San Cristoforo, Maniago, Montereale Valcellina

Ponte di Ravedis. Le acque smeraldo del Cellina
Foto @Damiano Giacomello

Potrei dire degli incontri, delle parole, delle riflessioni, delle opere dell’ingegno e dell’arte, tesori improvvisi e quasi miracolosi.

Eppure, la magia più grande per me resta sempre lei, la Natura che incanta con un cielo blu, delle pietre bianche e piante verdi che sanno adattarsi ad ogni cosa, che sanno sopravvivere anche alle nostre storie.

Ho iniziato a sentire a parlare del Cammino di San Cristoforo anni fa, quando ancora era solo una linea immaginaria che voleva connettere i paesi della Pedemontana del Friuli occidentale. Poi è arrivata l’occasione di osservarlo da più vicino, di studiarne tracciati, di raccontare storie di piccoli borghi, prodotti della terra e dell’ingegno umano, di portare alla luce parte degli infiniti dettagli che animano quei luoghi che percorro da tempo, collaborando al rinnovo del sito e della sua immagine.

Si può raccontare davanti ad un pc ed un telefono ormai ma bisogna anche andare, poggiare i propri piedi sui sentieri, sentire il sole, la pioggia, la fatica e il piacere, camminare dal mattino alla sera. Così ho fatto, a fine settembre del 2023, rispondendo alla chiamata di un evento organizzato per portare alla luce il lavoro di anni.

Raccontare il Cammino, l’evento, i passi, gli incontri, sarebbe impossibile, oltre che troppo lungo, ma voglio comunque cercare di regalarti delle suggestioni, perché tu magari un giorno possa partire, per fare qualcosa di semplice e antico: camminare, un passo dopo l’altro, in un territorio ai margini del turismo di massa, in cerca di qualcosa di speciale, magari di te stesso o di te stessa.

Da Caneva alla Val d’Arzino, sul Cammino di San Cristoforo

Sentiero del Gor, Cammino di San Cristoforo, Polcenigo

Sentiero del Gor
Foto @Damiano Giacomello

Di quei giorni di fine estate, tiepidi e luminosi, ricordo più i dettagli che il procedere lento e costante, tappa dopo tappa. In fondo sono quei momenti, fatti di incontri, di visite in luoghi a cui magari sono passato accanto tante volte senza conoscerli davvero, a raccontare un’esperienza, più che dati e informazioni, che in fondo ora puoi trovare un po’ ovunque.

Eravamo in pochi all’inizio, da Villa Frova a Stevenà di Caneva, un venerdì piovoso, a percorrere la prima tappa del Cammino, fino a Polcenigo, tra colli ricchi dei frutti della terra: olive, uva e il famoso figo moro di Caneva. In questo microclima riparato dai venti del nord e in questa terra ricca di carbonato di calcio abbiamo iniziato ad ascoltare le prime storie di un territorio antico.

I resti di un castello medievale in alto su un colle che domina tutta la pianura friulana e veneta, fino alla laguna di Venezia, ci racconta di quando gli antichi abitati sorgevano in alto, vicini alle montagne da cui traevano sostentamento e in cui rifugiarsi, quando le lande ora conquistate dalle industrie e dall’agricoltura intensiva, erano spesso paludi insalubri esposte a scorribande ed invasioni.

Numerosi i sentieri che seguono le antiche vie di comunicazione tra le valli e la pianura, tra quei monti cosparsi di nubi temporalesche e i piccoli borghi di cui scorgiamo tetti e mura di sassi. Il territorio è battuto da molto tempo, prima che camminare fosse uno svago dell’uomo moderno ma per fortuna la segnaletica e l’app del Cammino ci permettono di salire e scendere senza problemi.

logo Cammino di San Cristoforo, boschi Val Colvera

Nei boschi della Val Colvera
Foto @Damiano Giacomello

Ed è questa alternanza di resti, di architetture religiose e civili, di campi coltivati e boschi a dominare tutto il Cammino di San Cristoforo, un’antica armonia di cultura e natura che ancora si mantiene viva, capace di far rallentare il passo, reale e metaforico, quello delle ansie e della fretta, malattie contemporanee, che qui trovano sollievo.

Visioni e incontri, sul Cammino

Inutile descriverti tutte le tappe, quasi una settimana in cammino, da Caneva fino ad Anduins, dove ho interrotto l’esperienza, portata avanti da altri pellegrini moderni. Però posso gettare qua e là delle immagini e delle emozioni, come le visite inaspettate a luoghi a me molto cari, capaci di affascinare gli animali sensibili.

Sono le chiese o le pievi storiche, antiche e possenti, che segnano questo cammino, non religioso ma sicuramente spirituale, nel senso più intimo e originario del termine. Perché la religiosità di un tempo appartiene a pochi. Come ha sostenuto Alessandro Moro, parroco di Maniago, il pellegrinaggio medievale era legato alle reliquie, soprattutto dei martiri che avevano ricevuto il battesimo di sangue del Cristo. Ora camminiamo per trovare non più oggetti esterni ma “soggetti interiori”, una serenità duratura, inossidabile, in un mondo in continuo mutamento, a volte spiazzante e confuso. Allora, San Cristoforo, traghettatore dello Spirito, diventa un  simbolo moderno di una ricerca di senso nelle acque incerte della società fluida.

Santa Caterina a Marsure, Cammino san Cristoforo, Aviano

Chiesa di santa Caterina a Marsure
Foto @Damiano Giacomello

Tra le tante testimonianze architettoniche, mi sono rimaste impresse la chiesa di Santa Caterina a Marsure, inaspettatamente aperta una domenica mattina, col suo affresco di San Cristoforo che pareva attenderci all’entrata, un luogo semplice ma di rara bellezza al suo interno, come gran parte delle chiese visitate quei giorni. Mi basta pensare alla pieve di San Rocco nel cimitero di Montereale Valcellina, poco prima della diga di Ravedis, laddove emergono le acque smeraldo del Cellina, quelle stesse acque a cui il Calderarai attribuiva il merito della bellezza dei suoi affreschi, presenti proprio lì, in quella chiesa. E poi la pieve di San Martino d’Asio, immersa nel bosco, ricolma anche lei di tesori artistici prodotti da pittori e scultori del Rinascimento friulano, frutto del lavoro e della devozione di comunità fiorenti, che ora, tra vie e sentieri silenziosi, sembra difficile intuire.

E poi ci sono gli incontri, perché come disse un’esperta di viaggi anni fa, parlando ad una conferenza che avevo organizzato a Pordenone: dei viaggi ciò che ci resta più impresso sono le persone. Non per forza i grandi oratori, i super esperti di questo o quell’argomento, ma il signore, che un mattino è venuto sul cancello a donarmi delle mele antiche dei suoi alberi, un frutto che adoro, per la sua bontà e per il suo valore nella ricchezza culturale della mia terra. Sono questi piccoli gesti che risuonano con dei valori a restare nel cuore, più di mille foto o parole sparpagliate in giro, sui social.

mele antiche friuli, Cammino San Cristoforo

Un dono
Foto @Damiano Giacomello


Il ricordo va anche alle guide che mi hanno accompagnato, perché oltre a indicare il cammino, sono le orecchie e gli occhi attenti del territorio, coloro che lo osservano, lo studiano e poi sanno raccontarlo con le giuste parole. Senza di loro, le storie resterebbero silenziose, confinate tra vecchi libri ed addetti ai lavori. Grazie quindi a Giorgio Zampieri di Prealpi Cansiglio Hiking, guida di grande sensibilità e consapevolezza, incrociato più volte nei miei viaggi dietro casa e poi grazie a Fabiano Bruna e a Anna Lazzati di Wild Routes già incontrati tra i sentieri di quello che per me è un regno del cuore, il Parco Naturale Dolomiti Friulane.

Si cammina spesso per stare da soli, in compagnia di se stessi e non ti nascondo che a volte, specialmente verso il tardo pomeriggio quando la stanchezza saliva dalle gambe alla mente, il desiderio era quello del silenzio, delle parole assenti, del vento fresco dell’autunno appena accennato, che sfiorando le prime foglie ingiallite porta fresco e voglia di ritirarsi, dentro di sé. Eppure, come mi ha fatto riflettere il sopra citato parroco di Maniago, il cammino fatto in compagnia costringe a misurarsi con la pazienza, con l’ascolto di chi ci è vicino, con i difetti della personalità altrui, che in fondo fanno da specchio ai nostri. Camminando sono costretto a venire incontro all’Altro, che è poi una via veloce per confrontarmi con me stesso, con le mie asperità, con i sali e scendi del mio carattere, sempre metafore del cammino della Vita.

E qui arriva un altro incontro ed ascolto, quello con Alberto Conte, co-fondatore di Movimento Lento e co-creatore del Cammino di Oropa, conosciuto dal vivo nell’ultima tappa, per me, da Paludea ad Anduins. Dopo scorci di vallate e infiniti borghi, di “clapadorie” (le vecchie mulattiere tra i boschi, fatte di “claps”, i sassi, in friulano) e boschi,  da buon camminatore, ha colto l’occasione di ricordare che il cammino è gesto sì antico ma anche moderno, un viaggio dove si perde la cognizione del tempo, dove chi lo intraprende rischia di non tornare a casa com’era prima.

Ed è un bel rischio da correre, anzi, da camminare, in questa società che per paura cerca di di instradarci su binari predefiniti, dove il contatto con la natura esteriore ed interiore è raro. Il rischio della perdita e allo stesso tempo della presenza, in quell’equilibrio “estatico” che riporta il camminare nella sua dimensione di viaggio del corpo e dell’animo, non più separati, ma uniti, dentro e fuori di noi, con gli altri e con gli elementi, che ci circondano e ci compenetrano.

ex centrale Pitter Malnisio, cammino di San Cristoforo

La Pedemontana
Foto @Damiano Giacomello

Quindi sì, ti consiglio il Cammino di San Cristoforo, senza il miraggio del  “viaggio della vita”, come verso Santiago de Compostela, ma pur sempre un’opportunità di incontrare e di incontrarti, a pochi passi da casa, in questo angolo di mondo, per me ancora intimo e sincero.


Grazie infinite a Damiano Giacomello, fotografo di Montereale Valcellina con cui ho camminato assieme. Le sue foto si sposano perfettamente con le mie parole creando un foto-racconto capace di dare ancora più valore a questa esperienza.