Un viaggio di fine estate, quando gli echi del turismo di massa si fanno più labili, quando spiagge, borghi e sentieri si popolano di silenzi e di meditazione. Un viaggio in Lucania, a Maratea, oltre il mare. Un viaggio fatto di percorsi, di borghi e di riti senza tempo, in una piccola regione del sud Italia, da scoprire, magari fuori stagione.

Maratea, oltre il mare

Maratea, il nome di un regno lontano, là nel mondo della fantasia e della magia, e chissà, forse lo è per il viaggiatore che da nord attraversa l’Italia in cerca di luoghi non comuni, in cerca di storie differenti, nel sud che non ti aspetti. E poco importa se il nome di questa parte di Lucania pare provenga dall’antico greco Marath-ia, ovvero “la finocchiaia” (da marathus, “finocchio”), cioè “terra di finocchi”, data la grande diffusione del finocchio selvatico, che costeggia con i suoi alti steli i bordi dei sentieri e delle strade. Anzi, l’origine greca ci porta ancora più lontano, dentro le storie ancestrali, quelle del mito, che veleggiavano insieme alle barche dei Micenei e dei Greci “classici” (…)

Maratea, costa lucana, Tirreno lucano, ivy tour

Così ho scritto sulla rivista Erodoto108 grazie a cui sono andato in questo lembo di Lucania, sospeso tra Campania e Calabria, a fine settembre del 2022. Perché Maratea è un nome che evoca, fantasia, mito e magia. Un piccolo borgo sui monti lucani che scendono lussureggianti e improvvisi sul Tirreno dalle acque azzurre, blu e turchese, un paese che resiste all’abbandono grazie alla molteplice bellezza che può offrire al viaggiatore.

Maratea non solo mare, però, perché se la costa tirrenica ammaliava già gli antichi Greci, le montagne che la custodiscono da secoli, diventano occasione di percorsi, di ascese e discese, di incontri con piccoli borghi, sapori e ritualità che danno più valore anche al desiderio di spiaggia, alla visione ammaliante di scogli, vecchie torri abbarbicate sui promontori, a sabbie scure che incontrano un mare superbo, che nulla ha da invidiare a mete più rinomate.

In alto a Maratea, verso il Cristo Redentore

Conviene allora partire proprio dal borgo di Maratea ed iniziare a salire verso il famoso Cristo Redentore, un’immensa statua che domina il paesaggio lucano. Tra i vicoli silenziosi del paese, tra gatti curiosi e vecchie case, presto si arriva nel sentiero che porta alla via ferrata inaugurata a giugno del 2021. Prima di mettere imbrago e caschetto ti consiglio di lasciare a terra il timore, il fatto di non avere esperienza, di non avere gambe o braccia allenate, perché questo percorso merita a tal punto da poter abbandonare un po’ di paure. Dicono sia tra le vie ferrate più suggestive della Basilicata e non si stenta a crederlo, perché man mano che ti arrampichi – in totale sicurezza – il golfo di Policastro si spalanca sotto di te.

 via ferrata del Cristo redentore di Maratea, vista golfo di policastro

La roccia attaccata al corpo, uno sforzo assistito dalle nostre guide, i ragazzi di Ivy Tour, che mi consigliano dove mettere mani e piedi, un occhio attento a salire e uno spalancato sulla bellezza che si fa sempre più grande. La vera destinazione di questa via ferrata è per me la vista spettacolare, la macchia mediterranea che prospera sulle pendici della montagna, il mare infinito che lambisce il Cilento poco lontano e la costa lucana qualche centinaio di metri più in giù. Incontrerò due ponti tibetani, dei fili di acciaio sospesi su un dirupo, ennesima sfida alla paura atavica del vuoto, arriverò ai piedi del Cristo Redentore, ma il fine è proprio vivere la montagna di Maratea con i miei piedi e con le mie mani, godere di un panorama che solo questa via ferrata garantisce. Non temere, sarai guidato e sostenuto. L’esperienza da vivere supera ogni timore e senso di inferiorità.

Il Sentiero del Mediterraneo

Maratea oltre il mare, oltre le spiagge dell’estate, ma pur sempre borgo e storia fittamente intrecciati col Mediterraneo che lambisce una costa magnifica. E se il mare è troppo agitato dai primi temporali d’autunno per fare il bagno o altre attività marittime, la montagna che scivola in esso diventa ancora una possibilità di scoperta.

Il Sentiero del Mediterraneo è un percorso che sa di mirto e lentischio, che sa di vecchie torri guardiane del silenzio e del tramonto, che sa di un incedere lento, attento a nutrirsi di impressioni, in quel paesaggio dell’animo che per me è tipico di questo mare, continente liquido, ponte salato e incerto ma sempre aperto, tra Asia, Africa e Europa. E queste rocce, queste onde appena sotto di me, questi profumi vegetali mi ricordano tutte le sue sponde, unite qui e ora, nel tardo pomeriggio, in un lembo di Lucania.

 sentiero del Mediterraneo di Maratea, golfo di policastro, ivy tour

E mentre percorro questo sentiero, mentre lascio che la bellezza sovrasti ogni mio pensiero, i miei passi riportano alla memoria un viaggio fuori dall’ordinario, che proprio qui a Maratea aveva fatto tappa, una specie di follia della bizzarra estate del 2020, quando con una mitica Citroën due cavalli del 1974 dalla Toscana andai fino al nord della Calabria, appena qualche chilometro più in là.

Due borghi, una bottiglia di vino e un rito ancestrale

È bene lasciare anche il mare ad un certo punto ed entrare in quelle montagne che mi circondano e proteggono. Lascio Maratea e in un’ora circa mi trovo in un piccolo borgo dal nome vocativo, Castel Saraceno, a ricordare che qui la storia sa andare oltre il mare e incunearsi nelle vallate lucane, per controllare vie di passaggio, tratturi, acque e terre preziose. Un altro piccolo paese che cerca di resistere alla storia moderna, che vede altre ricchezze e se ne fa poco della quiete, del vento e dei silenzi di questi luoghi. Ma io sono qui, viaggiatore in cerca proprio di questo, di un cibo diverso e più nutriente.

Oltre i vicoli, oltre le vecchie signore che mi salutano apertamente, appare improvviso un ponte tibetano, uno dei più lunghi del mondo, legame simbolico tra il Parco del Pollino e il Parco nazionale dell’Appennino Lucano, 586 metri da percorrere sospesi su una vallata selvaggia e poco conosciuta.
E l’andare attento, più al paesaggio e all’altezze, che alla paura, resa vana dalla sicurezza della struttura, mette appetito.

 ponte tibetano di Castel Saraceno, ivy tour, cose da fare in Lucania

Poco distante mi accoglie una taverna moderna, quei frutti dove tradizione e voglia di cambiare si mescolano assieme, in piatti semplici ma forti, come i sapori di caprini, di pecorini o di caciocavallo podolico, vera specialità di questo angolo di Sud. Una salsiccia piccante e arricchita dal finocchietto selvatico mi stupisce ancora di più, mentre sorseggio un vino verace, dalle grandi potenzialità e ancora poco conosciuto, l’Aglianico del Vulture.

Tra sapori e profumi per me nuovi, mentre l’appetito man mano viene blandito e coccolato da queste specialità locali, sento di nuovo parlare di qualcosa che mi aveva incuriosito a Maratea: i riti arborei. Un tempo non lontano esseri umani e natura non erano così distanti e nemici ma procedevano assieme perché sapevano bene di dipendere uno dall’altro. Il bosco, gli alberi, gli animali, i funghi e le piante davano nutrimento, erano medicine, diventano case e infinite storie, ognuna legata all’altra in un patto mai scritto ma sempre riconosciuto. L’equilibrio tra ogni cosa, che cosa non era, erano il re e la regina di ogni terra.

Anche qui in Lucania, anche qui a Castel Saraceno, dove nella piazza del paese, ancora ora, nell’anno di grazie 2022 si celebra ogni anno a aprile, il matrimonio tra un abete e un faggio, il cui significato, oltre la voglia di celebrare assieme, di fare comunità, è ringraziare e invocare la prosperità e la fertilità. Perché possiamo fare ponti di acciaio, richiamare turisti da ogni dove, ma la gratitudine per l’abbondanza che ci viene offerta in continuazione dalla natura è ancora oggi fondamentale.

Mentre la digestione invoglia il riposo, resta un’ultima tappa, un tratto di una vecchia ferrovia locale trasformata in ciclovia, un esempio di come il passato diventa futuro, senza troppo sforzo e con una buona dose di creatività. La Ciclovia Lagonegro-Rotonda, mi permette di riattivare l’energia, di esplorare in modo sicuro e veloce, assistito da un ebike con cui mi diverto come a bambino, scendendo a forti velocità e risalendo senza fatica.

 rivello, borghi basilicata, cose da fare in Basilicata

Prima di ritornare a Maratea dove dormire l’ultima notte, resta un’ultima visione, un dolce paesaggio, un altro borgo sospeso tra abbandono e nuove opportunità. Anche qui salgo e scendo, immancabili scalini e stradine che seguono il rilievo dei monti lucani, anche qui getto occhiate all’architettura spontanea che ha saputo fare tesoro del poco spazio, disegnando un paese gioiello, che merita di lasciare Maratea, di andare oltre il suo mare e spingersi all’interno. Rivello diventa un nuovo punto di esplorazione e contemplazione su quella parte interiore che un turismo più consapevole va cercando oltre le spiagge.

E come scrivo alla fine del mio articolo su Erodoto108, questi sono paesaggi dell’animo, borghi dove forse vale la pena vivere almeno un po’ e non solo sostare.

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Press tour nell’ambito del progetto “P.A.R.T.I. Basilicata! Piano di Azione per la Ripresa del Turismo in Basilicata, finanziato da APT Basilicata e Regione Basilicata”