C’era e non c’era una volta…così iniziano le fiabe di una tradizione millenaria, quella di un popolo a lungo negato e poco conosciuto, che rischiava di scomparire nelle pieghe del ‘900, tra i più crudeli dei secoli passati. Io che da sempre nutro un profondo fascino verso il Medio Oriente me ne sono accostato in punta di piedi, sentendo un’epidermica vicinanza che non saprei spiegare. Non potevo allora che accogliere con grande piacere l’invito di Pordenonelegge a visitare un’oasi della loro cultura, a pochi chilometri da casa, San Lazzaro degli Armeni, nella mia amata laguna di Venezia.

Verso San Lazzaro degli Armeni, piazza San Marco, Venezia

Un caldo e luminoso sabato di inizio primavera ho lasciato la pianura per navigare verso un’isola che non avevo mai visitato, un’altra delle storie infinite che animano quel lembo sospeso tra terra e mare, porta d’Oriente che sa ancora conservare quiete e meraviglia, appena voltato l’angolo del turismo di massa.

San Lazzaro degli Armeni, un’arca per una cultura

Una Venezia non turistica esiste, non solo nei tragitti, negli orari e in tanti accorgimenti, ma soprattutto nella curiosità che ti spinge oltre piazza S.Marco, oltre Rialto o il Carnevale.  Oltre la folla che si muove caotica, a volte senza rendersi conto di essere capitata in una città con i suoi abitanti, oltre l’orizzonte segnato da navi da crociera e attività ristorative sempre nuove, ci sono tante piccole isole che racchiudono tesori preziosi.

Il tour organizzato da Pordenonelegge mi porta tra San Servolo e il Lido, su di un lembo di terra che fu uno dei tanti lazzaretti che si trovano disseminati nella laguna. Luogo di rifugio, dello spirito per i monaci benedettini che l’abitarono nel IX secolo e poi per i lebbrosi, lo divenne nel ‘700 per dei monaci armeni in fuga dall’impero ottomano.

San Lazzaro degli Armeni, vista su Venezia

I legami tra Venezia e questo popolo “errante”, paragonato talvolta a quello ebreo, sono lungi e prolifici, per questo padre Mechitar decise di fermarsi nel punto più a nord del Mediterraneo. L’Armenia, per quanto esotica e lontana, ha rapporti antichi con l’Occidente, già quando era un regno alleato dell’Impero romano. Sopravvisse alla sua caduta e alle invasioni arabe, fino a soccombere a quelle dei Selgiuchidi e dei Mongoli, per diventare un piccolo regno sulle coste della Cilicia, l’odierna Turchia meridionale, strettamente legato alla Repubblica di Venezia.

Caduto anche questo regno, gli Armeni divennero sudditi dell’impero ottomano o si dispersero nel mondo, spesso lavorando come mercanti e trovando in Venezia luogo ideale, sia per le loro attività economiche, sia per il clima di tolleranza che vi regnava. Ancora oggi c’è una calle dal nome bizzarro, “Ruga Giuffa”, non tanto distante da piazza S.Marco. Il suo nome deriva forse da Julfa, città armena, da cui pare provenissero i mercanti che in quella calle tenevano i loro negozi.

 Khachkar a San Lazzaro degli Armeni

Khachkar, stele di pietra tipica della cultura armena.

Padre Mechitar ad inizio ‘700 ottenne da Venezia questa piccola isola, e da luogo di abbandono la fece presto diventare un’oasi per lo spirito ma soprattutto per la cultura, quella di un popolo senza più terra ma ricchissimo, di conoscenza, che andava raccogliendo negli angoli del mondo dove si disperdeva.

Una storia, un museo e una biblioteca

Per entrare davvero nei luoghi le informazioni da sole non bastano, bisogna accostarsi alle storie e permettere loro di entrare negli spazi del nostro animo dove si depositano e fioriscono. Ecco perché San Lazzaro degli Armeni senza la voce preziosa di Antonia Arslan per me sarebbe stata forse solo una visita guidata e non un viaggio.

San Lazzaro degli Armeni, vista sul chiostro del monastero

Dopo le prime foto, una vista stupita al chiostro del monastero, quadrato per me magico che mi affascina ovunque, compare una donna in apparenza piccola e inizia a raccontare. Le vicende della sua gente, degli Armeni, prendono vita, oltre la morte inflitta ad un regno, il primo a essere cristiano, in anticipo rispetto all’impero romano, oltre il genocidio, tragedia animata dall’odio dell’altro, che spaventa, che non si conosce mai davvero, perché vittime dei nostri rancori, delle nostre paure che finiamo per addossare a chi non conosciamo.

Ecco allora i libri, quelli di Antonia Arslan per ricordare l’essere umano che abita in ciascuno di noi, per non perderlo mai di vista, pena la cecità che cancella milioni di persone, come rami secchi di alberi, durante le buriane scatenate dall’ignoranza. Ecco le storie che aprono i confini, che uniscono l’Oriente e l’Occidente, che rendono un’isola abbandonata un faro nelle notti oscure della Storia.

 Antonia Arslan a San Lazzaro degli Armeni, presentazione organizzata da Pordenonelegge

San Lazzaro degli Armeni è infatti uno dei più importanti centri mondiali della cultura di un popolo in fuga. Qui si raccolgono manufatti di ogni terra e di ogni epoca, da una delle mummie egizie meglio conservate, a sfere d’avorio della Cina buddista.

Un vecchio lazzaretto diventa monastero ma soprattutto una biblioteca, dove le barche attraccano scaricando storie di tutto il mondo, centro di cultura, banca del tempo e dello spazio, per un popolo che raccoglie il tesoro più grande che si possa accumulare, la conoscenza. Nella stanza più moderna appaiono codici medievali armeni ed europei, bibbie etiopi e corani, manoscritti illustrati che mercanti e ricchi uomini armeni hanno donato all’ordine Mechitarista che si fa depositario non solo della propria cultura, ma anche di quella degli altri.

In apparenza raccolta, nascosta e quasi remota, quest’isola è un viaggio nella città che più esprime la vocazione alle partenze e agli arrivi, porto aperto alla cultura e quindi allo spirito di un popolo, che nei libri, nel suo alfabeto e nel suo vagabondare, è stato capace di fiorire e rifiorire, prendendo nuova linfa da ogni tragedia, da ogni tempesta che ne ha squassato i rami, senza intaccarne le radici, per donare i suoi frutti al mondo.

Dal cielo cadano tre mele:

una per chi ha narrato, una per chi ha ascoltato e l’altra per tutto il mondo.

(Ispirazione fiabesca tratta da “A cavallo del vento. Fiabe d’Armenia” di Sonya Orfalian)


Come raggiungere San Lazzaro degli Armeni

Io ho avuto la fortuna di seguire un gruppo organizzato da Pordenonelegge ma San Lazzaro degli Armeni può essere visitata anche in autonomia. L’isola, di fronte al Lido di Venezia, è raggiungibile infatti grazie al vaporetto, con la linea 20 in partenza da San Zaccaaria, vicino a piazza S. Marco.

Si possono visitare la chiesa, il museo e la biblioteca senza prenotazione, con visita guidata tutti i giorni alle ore 15.25 (partenza da San Zaccaria linea ACTV 20, ore 15.10), ingresso 6€ a persona.  Per i gruppi occorre invece prenotare.

Contatti:

Monastero Mekhitarista
Isola di San Lazzaro degli Armeni
30126  Venezia

visitesanlazzaro@gmail.com

T.: +39 041 526 0104