Siamo fatti di domande e di ricerca di risposte, è la nostra natura. Il problema è quando non vogliamo più cercarle e le domande rimangono sospese come tempeste di parole che fanno solo confusione, quando invece sono emozioni o chiamate a cui rispondere. Per questo sono andato in Tunisia, perché porto dentro, da così tanti anni che non mi ricordo nemmeno più, il desiderio di Nord Africa e di Medio Oriente. Non chiedermi però perché. Sono immagini di palme e di deserti, di minareti e quell’aria che sa di spezie e altre culture, forse anche le mie radici, forse una poesia sussurrata di notte, in un bivacco lungo una pista carovaniera…

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Il mondo fuori dal resort, spiaggia di Nabeul

Emozioni della Tunisia, a poche miglia di mare

E’ buffo come nei blog si cerca sempre di rispondere a tutto, di dare l’impressione di conoscere un luogo quando lo si è appena incontrato e dietro al proprio hotel per benestanti europei ci sono contraddizioni e dilemmi complessi come la storia.

E in Tunisia se parliamo di storia echeggia il nome di Cartagine e quello degli Arabi che la invasero nel VII secolo, meno famoso quello dei Berberi, o Imazighen (Uomini liberi) come si definiscono loro stessi, che abitavano le terre dal Marocco all’Egitto. E come sempre, più mi addentro nella storia di un luogo, meno so e più vorrei conoscere. Così una sera mi sono piacevolmente abbandonato ad uno spettacolo che si può vedere nel Medinat Alzahra Park di Sousse, un luogo un po’ pacchiano dove davanti ai mie occhi, con luci e decine di comparse, scorreva emozionante la lunga storia della Tunisia, stato del Maghreb, luogo del tramonto per gli Arabi.

Più mi inoltro nel racconto, più mi perdo nei riferimenti, nei collegamenti inaspettati. Credo che invece di essere un problema sia parte dello spirito del luogo, perché qui non sei in Occidente e la ragione lineare che cerca di spiegare tutto, per ostinata paura di perdere il controllo, qui diventa sinuosa come una melodia di oud – il liuto arabo – e di flauto, di cui non riuscirai mai a trovare l’origine e il senso, che però ti ammalia e ti rapisce.

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A poche miglia dall’Italia, Kélibia

Allora tutto scorre con un ritmo proprio, a volte lento, a volte frenetico, ma mai uguale alla nevrotica Europa. Qui sei in un altro mondo e i tuoi giudizi su cosa sia giusto e sbagliato si arenano davanti ad una sigaretta fumata dentro un autobus e ovunque, nei tempi che si dilatano e perdono i contorni definiti delle nostre lancette, nella plastica abbandonata lungo le strade. Se stai cercando solo un luogo dove passare vacanze economiche, una destinazione un po’ più povera di casa, rimani pure all’interno dell’oasi di ordine e pulizia del tuo resort, potresti essere in Sardegna come in Spagna, ma non in Tunisia. Quest’ultima è un paese con i suoi problemi, la sua disoccupazione e corruzione ma anche un tesoro, in cui se sospendi il giudizio, potresti passare ore solo seduto in un caffè facendoti rapire dall’emozione della diversità.

Del resto, per apprezzare una destinazione devi essere pronto anche a vedere quello che non ti piace, che può stridere, che può puzzare. Se vuoi viaggiare davvero, devi sporcarti le mani e le vesti.

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Stai fermo e osserva il mondo, non ti serve altro qui. Medina di Tunisi

Potresti allora trovarti per strada accompagnato da un amico di un amico che ti mostra la sua città senza altro motivo che per piacere, il tutto organizzato un’ora prima, cosa che da noi impiegherebbe settimane di preavviso e magari anche di seccature. Sorgerebbe allora dentro di te la domanda: perché è così? Io ti invito a rigirarla e a chiederti: perché non da noi? (grazie Elena per il suggerimento!)

E allora tutto pare incastrarsi alla perfezione, pur nel caos imperante del Sud del Mondo, forse perché qui devi abbandonare ogni pretesa di controllo e allora appare tutto perfetto, perfino la plastica nei campi di grano e tra gli ulivi.

Un po’ di ragione, informazioni utili per un viaggio in Tunisia

La Tunisia è un paese sicuro? La mia percezione è positiva, sono numerosi i controlli, ma ti lascio alla riflessione più ponderata del blog Girovagate. Ricordati comunque, che lo scopo del terrorismo non è uccidere ma costringerci a chiudere le porte di casa e di avere paura di tutto. Se vuoi ribellarti, non serve cambiare la tua foto del profilo Facebook ma reagire con fiducia e determinazione. Paesi come questo, hanno bisogno del turismo per evolvere magari verso una democrazia più stabile e non diventare facili prede dell’oscurantismo religioso che arma il terrore.

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Suk di Nabeul, scialli, tappeti e l’arte della contrattazione

Il costo della vita è più o meno un terzo di quello a cui siamo abituati in Nord Italia. Ho pranzato in un ristorantino di Kélibia per 3 euro. Ho preso un piccolo van da 8 posti da Nabeul alla già citata Kélibia – un’ora di tragitto, un’esperienza di viaggio autentico che vale la pena fare al di là della bellissima destinazione – per meno di 2 euro. Ho comprato souvenir per prezzi ridicoli. Certo, ho sempre dovuto contrattare un po’, ma questo fa parte della cultura locale.

Internet funziona ovunque, anche in mezzo alla campagna. All’arrivo, all’areoprto di Tunisi è normale trovare un banchetto della compagnia Orange che ti regala una scheda SIM con dentro 100 Mega. A me son bastati per una settimana, perché usavo  quasi sempre il wifi dell’albergo ma se avessi bisogno di extra credito, 2 Giga ti costano poco più di 4 euro.


E poi torno e scopro che le decorazioni di mattoni negli edifici del tardo Medioevo della mia città sono simili a quelli di Tozeur, alle porte del deserto della Tunisia. Venezia, regina dei mari e ponte tra Nord e Sud, faceva infatti affluire qui manodopera del Maghreb che decorava le case con trame simili ai tappeti (grazie Paola per la preziosa informazione!). Allora, forse un po’ di Tunisia scorreva già nelle vene della mia storia collettiva, quella dell’estetica e delle relazioni.

Non mi spiego ancora tutto ma non c’è n’è bisogno, mi abbandono e la mia anima sa già dove andare…