I luoghi dietro casa, quelli più conosciuti e abbandonati, quelli più presenti e quelli più lontani, borghi, montagne e anche città che sembrano esistere solo per darci la forza di andare altrove, per dirci di cercare fortuna e gioia oltre l’orizzonte. Difficile invertire la rotta, scendere dai voli last minute, dai treni che sembrano passare una sola volta nella vita e nella storia, per ritornare indietro, per dare valore a vecchie storie ormai sopite. Forse, c’è un richiamo più forte delle sirene d’oggi, la necessità. Allora, sotto il peso di soldi che non ci sono, di turismi che devono farsi di prossimità, ecco riapparire il conosciuto. Anche il Piancavallo, quasi disprezzato dai cittadini che l’hanno in qualche modo creato, purò diventare esotica scoperta, lontana dalle folle che vanno sempre nei soliti posti.

Perché Piancavallo?

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Sentiero Gerometta, verso le cime che sovrastano il Piancavallo

Gli abitanti di Pordenone, come me, hanno ricordi lontani di sci, di feste nella neve, di appartamenti caldi d’inverno, di un Piancavallo prospero, di un turismo d’altri tempi. Se ti aggiri per questo paese, in un pomeriggio senza gente, tra le nubi che spesso avvolgono le cime, tra le nebbie che nascondo colli e palazzi, ti sembrerà di sentire l’eco di un mondo non troppo lontano. Era l’epoca del turismo di massa, quando si creavano mondi dal nulla, che lo spirito nomade di oggi, l’esotismo e i voli economici hanno chiuso, come si fa con una storia che non interessa più a nessuno.

Restano i vecchi volti che raccontano di anni gloriosi, le facce serrate di case in vendita, una manciata di ricordi. La malinconia allunga il passo e afferra le ombre delle cose.

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Sas della Madonna, verso il Rifugio Semenza

Alzo lo sguardo e scorgo l’estate. Non m’importa del passato. All’umanità distratta di cui faccio parte non servono le glorie ma solo un po’ di natura, alberi e rocce per ritornare a sentirsi umani e non solo dati, un po’ di silenzio per ascoltare storie eterne come le montagne, senza dipendere dalle mode, dal turismo della neve, dalle questioni economiche o sociali.

Anche il Piancavallo può diventare una possibilità di rigenerazione, risorsa sempre rinnovabile appena al di là della pianura, per camminare lentamente, per respirare il fresco, per guardare stelle più grandi di quelle che gli schermi ci dicono di vedere.

Escursioni in Piancavallo, tra Veneto e Friuli

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Altpiano del Cansiglio scendendo dal Rifugio Semenza

Lasciando la pianura con il caldo dei suoi fumi, ho cercato di lasciare anche i pregiudizi sul Piancavallo. Ero pigro e scontroso, lo ammetto, per nulla aperto ad altre possibilità che guardarmi attorno e notare un certo abbandono.

Avevo bisogno di riposare e di lasciare andare le tensioni di un anno un po’ pesante, così ho seguito la mia compagna ed ho iniziato a camminare. Piano piano si sono aperti paesaggi e scorci nuovi. Nel silenzio di sentieri solitari ho aperto anche gli occhi della coscienza ed ho iniziato a comprendere. Non mi servivano le montagne o le spiagge a cui avevo rinunciato. Anche qui potevo essere in vacanza, ovvero fare il vuoto, liberarmi dai pensieri ossessivi del lavoro, del mondo e delle cose, dei pesi inutili. Anche qui in Piancavallo potevo partire.

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Forcella Val Grande

Con la giusta attenzione scoprirai che si possono fare tante cose in questo altipiano, al confine tra Friuli e Veneto, molte le elenca il sito del turismo regionale. Il mio consiglio è cercare un po’ oltre le righe e prendere quello che ha da offrirti il Piancavallo.

Il paese rimane la base da cui partire e da cui tornare per concedersi una birra o un gelato dopo qualche ora di cammino. Si possono scegliere salite più impervie per chi è già un po’ allenato, andando ad esempio in Val Grande dove il cielo limpido permette di scorgere i monti del Cadore, oppure si può scegliere alternative più tranquille per gettare uno sguardo con il respiro meno affannato verso la Pedemontana del Friuli occidentale, o sempre oltre confine, questa volta verso il  Consiglio.

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La Pedemontana del Friuli dall’alto

Si può partire presto il mattino e tornare nel pomeriggio, salendo verso la forcella Palantina Alta, dove arriva una funivia utilizzata solo durante la stagione sciistica, solitaria presenza dell’umano in un luogo in cui di colpo, per incanto, la mente ha taciuto e si è messa ascoltare non tanto i soliti pensieri ma il vento che accarezzava i fiori nell’erba corta delle altitudini.

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Il silenzio improvviso, nella Palantina Alta

Dalla forcella si può continuare, ormai in Veneto, scendendo verso la vecchia casera Palantina, tra i pascoli di altri tempi, nei boschi di abeti e faggi, per poi risalire di nuovo verso le cime del Piancavallo, per una pastasciutta al rifugio Semenza.

Tra le rocce, verso il Semenza

Potresti chiedermi qual’è il mio giro preferito. Ti risponderei che ciascuno di questi ha avuto momenti di apertura, di ammirazione, di silenzio e completezza, come quelli di fatica, lamentela e pigrizia. Non sono certo un camminatore esperto e non ho la pretesa di raccontarlo qui. Ho le mie difficoltà a svegliarmi presto in estate per evitare il caldo dei tratti esposti, ho i momenti in cui mi chiedo “perché qui e non invece sdraiato in spiaggia?”.

Tutti però mi hanno lasciato un senso di scoperta, mi hanno dato la giusta stanchezza, quella fisica che toglie pesi mentali in eccesso, che fa riposare la notte. Tutti mi hanno fatto ancora una volta comprendere che non ho bisogno di sorvolare l’Oceano, il mio cammino si svolge qui, senza facili vie di fuga. C’è tanto da vivere ed ascoltare nella natura dei luoghi dietro casa, anche nel Piancavallo, oltre i pregiudizi che costruiamo solidi come prigioni.

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Informazioni utili

Oltre la poesia dei luoghi ci sono i passi, concreti e ragionati, lo studio minimo dei terreni, il programmare e il prepararsi.

I miei consigli sono semplici: rivolgersi all’Infopoint di PromoTurismoFVG in Piancavallo, per ricevere informazioni su luoghi di interesse e sentieri, grazie a mappe specifiche. Un’altra possibilità è munirsi di una carta Tabacco, per poter studiare i percorsi, per capire dove ti trovi, per riconoscere montagne e vallate.

La mappa non è il territorio ma la montagna è spazio tempo da percorrere con attenzione e rispetto, nei suoi confronti e nei propri, munendosi di acqua, di vestiti giusti (dalle scarpe ad una giacca per la pioggia, sempre in agguato, anche nelle giornate più terse), considerando gli orari ed anche la propria energia, per non strafare, per godersi la sua bellezza senza ansie. A quelle ci pensa già la vita di ogni giorno.