Ho viaggiato con molti mezzi. Ho viaggiato con molte emozioni. Ho viaggiato con libri e musica, con cibo e quadri. Una volta ho anche viaggiato con una piantina, che dal Friuli è arrivata in treno fino nell’Oltrepò Mantovano. Era un piccolo alberello, di una verità antica, una pianta di figo moro da Caneva che un curioso amico voleva avere nel suo giardino.

Non è vero allora che le piante stiano ferme, laddove poggiano le loro radici, s’imbarcano infatti in piccole e grandi avventure, intessono relazioni e capita che facciano anche la Storia. Le spezie hanno fatto la fortuna di più di un popolo e la vicina Venezia me lo ricorda spesso. Il caffè o il tè hanno trasformato e trasformano tutt’ora la geografia di interi stati.

Anche una pianta di figo, che appare umile lungo un sentiero, in un giardino di qualche casa abbandonata, e che dona abbondanti i suoi frutti alla fine dell’estate, può diventare protagonista e rappresentare degnamente il luogo dove prospera.

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Sui colli, cercando i frutti maturi dell’estate

È incredibile osservare come tra le piante e noi esseri umani esista un legame profondo, un adattamento reciproco ed una simbiosi che va oltre gli aspetti più commerciali, in cui si rischia di guarda alla terra solo come un contenitore da riempire con quello che vende di più oggi. Il figo moro non è solo un albero della Pedemontana del Friuli occidentale, uno dei tanti elementi di questo paesaggio che stupisce sempre il viaggiatore, è un suo abitante, arrivato dall’Asia secoli fa e trovatosi perfettamente a suo agio tra le colline ricche di carbonato di calcio del paese di Caneva.

È giusto allora, come si fa con parenti o amici, celebrare chi abita ed è cresciuto insieme a noi. La festa è un momento di riconoscimento dei vincoli che ci legano, del lavoro fatto, l’occasione di riunirsi per dare voce a chi questo lavoro lo fa nel silenzio tutto l’anno, pianta ed essere umano insieme. Se poi la festa non è la solita sagra dove si va solo per passare il tempo e per mangiare, il momento è propizio ad un piccolo viaggio dietro casa.

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Una colazione antica, a Villa Frova, officina della sostenibilità a Caneva

In campagna col figomoro” è stata l’occasione per seguire una strada che adoro percorrere in tutte le stagioni, una striscia sinuosa ai piedi delle Prealpi Carniche, quella sorta di barriera che osservo da casa e che fissa il mio limite visivo verso nord. Colli e boschi si susseguono fino al Veneto, qua e là s’alza un campanile che rintocca nel silenzio, biciclette salgono e scendono dal mattino presto fino al tramonto, sentieri entrano ed escono dai piccoli borghi, permettendo di sparire un po’ dal mondo, quando la pressione si fa troppa.

La Pedemontana di Pordenone se ne sta discreta e tranquilla, sospesa tra la vita della pianura e quella della montagna, ospitando coltivazioni nuove come lo zafferano di Dardago o più antiche come il figo moro da Caneva.

Il paesaggio cambia seguendo le curve, così come mutano i modi di parlare, dal friulano ma man che si va verso Maniago al veneto di Caneva. La biodiversità culturale non è che un riflesso di quella della terra, che in poche decine di chilometri offre varietà molteplici di piante e di terreni. Il fico piantato in pianura, appena sotto il limite dei colli, è già infatti altra cosa rispetto al figo moro che si festeggia a Villa Frova, vecchia filanda e ora contenitore culturale del Comune di Caneva.

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Nel parco di Villa Frova, all’ombra di un albero secolare

Un grande parco ed una vasta villa sono casa per i colori ed i profumi maturi dell’estate: cesti di frutti appena raccolti, formaggi, salumi, gelati che partono da qui, dal figo moro disposto un po’ ovunque, e che si possono mescolare senza sentirsi in colpa.

Il cibo non è però il mio mestiere, anche se è fonte di piacere, così getto lo sguardo un po’ più in là e trovo dei bimbi che si divertono a tingere tessuti con i colori delle piante. L’Ecomuseo delle Dolomiti Friulane ha infatti allestito uno spazio per far giocare i più piccoli con quello che offre questa terra, pigmenti che vengono direttamente dalla natura, che danno forma alla fantasia senza inquinarla.

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Una borsa di cotone grezzo, una piccola mano che disegna un figo moro con i colori della terra

Appena fuori dal parco di Villa Frova aspettano invece gli adulti che vogliono scoprire cosa ci sia appena al di sotto delle colline, in quella terra di risorgive e torrenti nascosta dai boschi e dai paesi. Poco lontano da Caneva c’è infatti un’area umida, che oltre ad essere un fresco e verde ristoro nei mesi più caldi, è un luogo di straordinaria importanza per l’archeologia, tanto da essere divenuto sito U.N.E.S.C.O. nel 2011.

Il Palù di Livenza, che pochi abitanti di qua conoscono, è un’oasi di storia e natura, che va scoperta con una guida e con l’immaginazione, rivolta ad epoche lontane, in cui gli esseri umani qui costruivano palafitte e sapevano già cooperare con la ricchezza di questo territorio.

Il vento tra le querce e i riflessi di sole sul Livenza che sgorga a pochi passi da qui potrebbero essere una buona scusa per incamminarsi tra gli alberi e oziare su qualche prato, scoprendo magari le tracce di opere dell’uomo più recenti, l’arte sostenibile che ogni due anni viene creata qui da Humuspark, un meeting internazionale di land art.

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Le acque nascondono la lunga storia di questa terra depositata sotto di noi

Il pomeriggio d’estate qui nel silenzio appare ancora più infinito, si allunga sulle cime delle colline, mentre le nuvole disegnano ombre sui boschi. Dalla preistoria l’invito è quello di risalire i pendii, dove nel Medioevo si rifugiarono le popolazioni in fuga dalle ultime invasioni dei cosiddetti barbari.

La festa del figo moro continua nella sua casa, nei campi tra le case, appena lontani dalla piazza di Caneva. Famiglie e amici si trovano ai piedi di una ripida salita per andare a vedere il frutto più da vicino. Se quello che leggiamo o ascoltiamo viene dimenticato presto, quello che si tocca, di cui si fa esperienza diretta rimane a lungo. Non c’è di meglio allora che conoscere un territorio mettendo le mani tra i rami degli alberi per cercare i fichi più maturi, in una raccolta che diventa un gioco.

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La gioia della raccolta, della manualità e dei sensi liberi all’aria aperta

Lascio alcuni ragazzi che si divertono in compagnia dei genitori in questa ricerca per tornare a Villa Frova, dove i cuochi stanno iniziando ad operare la loro piccola magia, trasformando il figo moro in diverse portate. Ad esso si sposano i formaggi delle piccole fattorie della zona, così come i vini che un tempo, quando il fico viaggiava fino alle tavole dei nobili veneziani, hanno dato il nome a questo paese. Caneva vuol dire infatti cantina, perché numerosi erano i vigneti che crescevano tra queste colline, esposte a sud e riparate dai geli dell’inverno.

Dal passato, sospeso tra il Neolitico in cui gli esseri umani iniziarono ad osservare la natura ed imitarla, ed il presente, incerto nei bassi guadagni dell’agricoltura, nei cambi repentini del clima e delle invasioni di insetti nocivi di altri continenti, si guarda ad un futuro prossimo, in cui la consapevolezza delle persone sarà sempre più fine ed attenta alla qualità di ciò che vede, sente e gusta, in cui le feste saranno sempre più dei momenti raccolti e sinceri.

Il figo moro, come tante altre antiche varietà che stanno fiorendo di nuovo nel mondo, è simbolo di un ritorno a ciò che è concreto, a ciò che non richiede sofisticazioni perché è parte integrante di un territorio. Festeggiarlo significa ritrovare il legame profondo che ci lega alla terra, alla vita, a quell’antica simbiosi che l’agricoltura naturale si sta sforzando di ripristinare.

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Un frutto maturo tra le piante più antiche di Caneva

Grazie a quindi a chi ha organizzato, a chi ha raccolto ed accolto, a chi ha fatto giocare i bambini e gli adulti ma soprattutto ai contadini del Consorzio del figomoro, che sanno guardare indietro e anche avanti. Un territorio si racconta soprattutto con il lavoro delle mani e del cuore.


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Vivai Salvadoretti

Via Duca D’Aosta 39 Ranzano di Fontanafredda 33074

Telefono: 0434 998694 – Email: info@vivaisalvadoretti.it