Festeggiare significa riconoscere, dare valore al lavoro che è stato fatto per lungo tempo. La Mostra itinerante delle mele antiche friulane è come una festa del raccolto, dopo mesi di fatiche, rinunce, speranza e fiducia, in cui il ramo secco ricoperto di neve si riempie improvviso di gemme e di fiori, per farsi verde abbondanza di fogli e poi di frutti. Giunta alla sedicesima edizione la Mostra non è la solita sagra, ma la celebrazione di un appassionato lavoro di ricerca e documentazione, che in ottobre porta alla luce la biodiversità del Friuli.

Dagli inizi di questo nuovo secolo, epoca storica in cui l’ambiente è sempre più minacciato, assistiamo ad una sorta di rinascimento, di una nuova sensibilità verso la natura. Più tutto sembra volgere al peggio – le temperature estreme o le alluvioni ce lo ricordano troppo spesso -, più piccoli gruppi di persone in tutto il mondo nascono per tornare a fare dell’essere umano ciò che dovrebbe essere, un custode e non un proprietario del pianeta. Questo accade anche nella provincia, dove sembra che tutto sia fermo.

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La diversità della Natura, la varietà delle mele antiche

L’associazione che organizza da sedici anni la Mostra itinerante delle mele antiche è un esempio di questa volontà diffusa di aspirare a qualcosa di meglio per noi stessi e per le future generazioni. Questo processo non avviene più con la lotta contro qualcosa o qualcuno, ma piantando semi, letteralmente, per far crescere un giardino più bello per tutti. 

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L’Associazione Amatori Mele Antiche si da da fare tutto l’anno per catalogare le varietà di mele della Pedemontana del Friuli e delle valli che vanno verso le Dolomiti friulane, luoghi ancora poco conosciuti, regni di quiete e di silenzio per il viaggiatore più consapevole.

L’edizione del 2018 si è svolta proprio ai piedi dei monti, a Meduno, un borgo che fa da ingresso alla Val Tramontina, conosciuto quasi più all’estero che dagli stessi paesi vicini, per il parapendio. Pochi stand curati, di prodotti quasi tutti locali, alimentari e non, portavano alla corte di un antico palazzo nobiliare che ha preso forma nel XVI secolo, in cui è stata ospitata la Mostra delle mele antiche, il fulcro della manifestazione.

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Sdraiate su tavoli di legno brillavano i verdi, i gialli ed i rossi di decine di varietà di questo frutto fondamentale per la salute degli esseri umani, come cibo e come merce di scambio. Le mele si possono annusare, riconoscendo magari profumi che difficilmente appartengono alle poche varietà che si trovano nei supermercati. Si possono toccare con attenzione, capendo che la natura ama una perfezione che non è delle forme buone per gli occhi del mercato, ma per l’ecosistema in cui si inserisce.

Questa perfezione naturale è anche pienezza di benessere, perché queste qualità di mele, recuperate nei vecchi orti e campi di antichi borghi di pianura o di montagna, sono ricchi dei famosi antiossidanti, i polifenoli, sostanze utilissime nel favorire l’equilibrio costantemente minacciato dalla frenesia delle nostre vite.

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Le mele esposte non sono però oggetti da museo ma possono diventare alberi per i nostri giardini. Ci sono persone che vengono dalla Lombardia o dalla Toscana per ricevere un melo. Durante la Mostra delle mele antiche ad ottobre si possono infatti prenotare le piante e ritirarle a marzo dell’anno successivo, momento in cui si possono seguire anche delle prove di potatura ed innesto.

Storie di mele antiche e di Friuli

Il caldo sole di un ottobre eccezionale, testimonianza di un cambio climatico che diventa la vera sfida per la nostra epoca, ha illuminato una domenica piacevole, con curiosi e appassionati, giunti in bici o col treno storico che ogni tanto percorre la rinata tratta ferroviaria locale Sacile-Gemona.

Oltre al cibo del corpo, alla Mostra delle mele antiche c’era anche quello per lo spirito. 

Attorno agli alberi di meli è possibile che un tempo si raccontassero storie di folletti, gomitoli di lana magici e animali che parlano. Paolo Paron, cantastorie friulano, mi ha condotto in quel mondo diverso, appena al di là del nostro, raccontando di antiche saggezze e magie della tradizione friulana, accompagnato dal suono della fisarmonica e del tamburo.

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Una domenica di ottobre, in un piccolo paese ai piedi dei monti del Friuli, è diventata l’ennesima occasione per scoprire le vecchie storie che dormono sotto i sassi, tra i rami di querce secolari o in mezzo ai rovi, come le mele antiche. Un piccolo viaggio di pochi chilometri ha aperto nuovi sentieri che vanno lontano, verso la possibilità di raccontarci qualcosa di bello, di feste, di frutti dimenticati che tornano a vivere, di magie e speranze, elementi preziosi di cui abbiamo estremo bisogno.