La gratuità non è il gratis (prezzo zero) ma il valore infinito, non è il disinteresse ma l’interesse per tutti e di tutti. Quando si agisce con questa gratuità non si segue la logica del calcolo strumentale mezzi-fini, ma si ama quella data attività o persona per sé e prima dei risultati che porta, per un’eccedenza etica, antropologica, spirituale. Se lo scienziato non si immerge nelle sue ricerche e si fa guidare dalla legge intrinseca della scienza, se l’artista non ama l’opera che sta creando per se stessa, se l’imprenditore non si appassiona alla sua impresa, se il futuro santo non si dimentica del premio della santità e ama con agape, è molto difficile che arrivino grandi scoperte, imprese, opere d’arte, la santità

Luigino Bruni, la gratuità crea il nuovo (ma dove sono i profeti?)

Partire verso l’ignoto, lasciarsi alle spalle ogni possibile certezza e andare oltre il conosciuto, il già detto, il già visto, richiede un coraggio estremo. Non parlo di una vacanza ma del viaggio, quello vero, dove non esistono mappe o guide, dove può accadere ogni cosa, anche di incontrare tesori, mostri e leggende. Per realizzare un’impresa di questo tipo serve qualcosa che trascende la nostra piccola esistenza – quel piccolo che crediamo di essere – serve un’energia incredibile, una passione smisurata, che non conosce confini, sicuramente quelli che ci siamo attribuiti, delimitando cosa crediamo di essere. Dei grandi viaggiatori è quello che mi colpisce veramente. Il senso dell’esotico non è nelle palme da cocco ma nel coraggio. Per questo mi è venuta voglia di riscoprire un viaggiatore della mia città, Odorico da Pordenone.

Odorico da Pordenone, Bali, Indonesia, risaie Bali

Risaie di Bali, giugno 2010

Ero alle scuole medie quando incontrai il viaggio di questo frate francescano, che nel 1318 partì da Venezia per raggiungere la corte mongola di Khambaliq, l’attuale Pechino. Un viaggio immane quello di Odorico da Pordenone, dall’Italia alla Cina, passando per la Persia, l’India, l’Indonesia, il Vietnam, le Filippe e poi il ritorno, lungo la famosa Via della seta, toccando il Tibet, compiuto in un’epoca dove erano necessarie infinita prudenza e pazienza, perché il tempo e lo spazio avevano concezioni così distanti dal nostro punto di vista, da risultare mitiche.

Molti anni dopo, un viaggiatore della mia città, mi ha ricordato che nel 2018 si sarebbero celebrati i 700 anni della partenza di Odorico da Pordenone. Quella notizia ebbe la forza gentile di un’intuizione, di un significato nascosto chissà dove, che doveva emergere. Una strana coincidenza, io che amo viaggiare, che sono affascinato dall’Asia, che un tempo frequentavo la parrocchia di Pordenone dedicata a quel frate. Una scintilla, un’emozione, mi ha suggerito di mettermi in ricerca.

Ho sfogliato libri e studi per ripercorrere i passi di quel frate, nato a Villanova di Pordenone nel 1285, che senza apparente motivo si spinse in un viaggio lunghissimo, compiuto poco prima dal famoso Marco Polo e da altri mercanti italiani di cui però sappiamo poco, perché non tutti ebbero la fortuna di dettare le loro memorie ad un letterato, come accadde per il famoso veneziano.

Odorico da Pordenone, Tailandia, Ayutthaya

Tempio buddista, nella vecchia capitale del regno del Siam, Ayutthaya, giugno 2010

Odorico da Pordenone percorse migliaia di chilometri via terra e via mare, per recarsi alla corte del Khan, dell’imperatore dei Mongoli che da poco aveva sottomesso l’intera Cina, dove fu accolto dalle prime missioni cattoliche in quella terra dai diversi credi: buddismo, taoismo, cristianesimo nestoriano e islam. Quando ritornò, dettò le sue memorie ad un confratello di Padova, un reportage di viaggio, lo chiameremmo noi, attento ai costumi, alle mercanzie, ai fasti di corte, alle leggende dei tanti luoghi visitati che divenne famoso con i titoli di Relatio, De mirabilibus mundi, De rebus incognitis, Novitates.

Ciò che mi affascina enormemente del viaggio di Odorico da Pordenone è qualcosa che va oltre la motivazione religiosa, oltre i giudizi di un uomo frutto della sua epoca, è la capacità eroica di seguire una missione, la determinazione a lasciare quello che si conosce per un mondo tanto nuovo da apparire agli occhi di quei tempi un altro pianeta.

Il messaggio che lascia a me, uomo di una contemporaneità dove tutto è apparentemente mappato, è il coraggio, il senso profondo dell’avventura che spinge per mare e per terra, fino a comparire davanti agli uomini più potenti senza timore. Non si tratta solo uscire dalla famosa zona di comfort ma di scardinarla completamente, per un’infinità di zone ignote. Quali sono oggi queste terre inesplorate, dov’è l’estremo oriente? Forse tutto ciò che deve essere ancora creato, che può aprire nuove strade, nuove vie di comunicazione e di scambio, un futuro da inventare, oltre i luoghi comuni del cinismo e del pessimismo. Un’impresa da eroi.

Bibliografia:

Consiglio vivamente di leggere il romanzo di Carlo Sgorlon, Il filo di seta. Nelle sue pagine la vita di Odorico da Pordenone scorre con la leggerezza e la profondità di una fiaba. Questo viaggio straordinario diventa l’opportunità di parlarci della fiducia nella vita e del senso autentico della missione, di ciò che vogliamo e dobbiamo fare.

Per collocare la figura di Odorico nel suo tempo e nella sua cultura, consiglio invece questi due saggi:

  • Alberto Cassini, Profumi d’Oriente. Odorico da Pordenone e il suo tempo
  • Paolo Cicconofri, Giulio C. Testa, Carlo Vurachi, Odorico delle Meraviglie. Il viaggio in Asia di Odorico da Pordenone nel manoscritto BNF 2810