Expo2015 è un tag, migliaia di foto scattate ogni giorno, milioni di visitatori e tante polemiche. Sinceramente, mi sento poca cosa di fronte a tanti numeri, poi cerco di allenare quella rara facoltà che evita di giudicare sempre e comunque. Qui non troverai la mia visione su Expo, perché ci sono stato solo un giorno, perché umanamente non credo sia possibile ridurre sempre tutto in poche righe da condividere sui social. Questa è solo un’impressione, alcune foto e qualche consiglio.

Entrata del padiglione del Brasile

Non avere fretta, lo spazio espositivo è a dir poco grande: decine di padiglioni di stati e aziende, angoli di ristoro e baracchini di street food, Expo è un’esperienza sensoriale intensa che rischia di stancare dopo qualche ora. Prenditi il tuo tempo, almeno due giorni, non cercare di vedere tutto e magari torna sui tuoi passi per approfondire qualche aspetto di questo oceano di contenuti.

Uscendo dal padiglione della Repubblica Ceca

Solo la fila all’ingresso – io ci sono arrivato prendendo la direzione a destra, appena uscito dalla metropolitana- rischia di farti perdere almeno un’ora, perché i controlli sono come quelli in aeroporto, con tanto di metal detector e i visitatori in coda molti.

Superata questa barriera incontrerai quella semantica, ovvero “adesso vove vado?”. Lo ammetto, io ho un animo vagabondo, non riesco proprio ad organizzarmi e preparmi un itinerario prima di un viaggio, è una caratteristica che ha il suo fascino, quella dell’improvvisazione, della scoperta totale, ma ovviamente anche i suoi lati negativi. Se sei un viaggiatore organizzato, se vuoi visitare Expo non solo per l’incanto delle luci e dei colori, studiati un percorso, cerca i padiglioni che ti incuriosiscono.

Un mulino ad acqua virtuale, padiglione della Bielorussia

Il ricordo è andato subito alla Biennale di Venezia, quando la visitavo da studente, un vorticare di immagini, persone e concetti che finivano per stordirmi. Solo che qui lo spazio è ancora più grande. Ogni azienda o stato rappresentato cerca di dare il suo meglio e tra pannelli, installazioni e video le informazioni che coinvolgono i 5 sensi sono veramente tante. Dopo poche ore ero infatti già stanco. In due giornate viene meno l’effetto “devo vedere il più possibile”, rimane il tempo per fare delle pause e ricaricarsi.

In fondo, la pagoda del padiglione del Nepal

Expo vuol dire ovviamente cibo, inevitabile che dopo tanto camminare e vedere, tra padiglioni con ristoranti annessi e bancherelle di gelato, panini e bibite venga anche fame. Il gusto di fare polemica che negli ultimi anni inquina la psiche collettiva del paese, ha detto che mangiare qui è un’esperienza da ricchi, e lo è se si va nel padiglione del Giappone e si sceglie una pietanza di per sè cara in più cucinata da un super chef stellato, immaginati farlo in un ristorante italiano dove cucina Cracco.

Lo street food abbonda e ha prezzi accessibili, come in qualsiasi città, nei padiglioni è vero, l’impressione è che i prezzi siano un po’ gonfiati. Dipende anche da stato e stato. Io ho avuto la fortuna di andare in quello che chiamo  il “distretto del caffè”, dove ci sono i principali produttori di caffè, tra cui l’Etiopia. Qui ho mangiato un piatto tipico che mi era capitato di assaggiare durante una festa interetnica a Pordenone, una focaccia di una varietà locale di grano su cui si possono mettere abbondanti mestolate di verdure e carne speziata. Inevitabile assaggiare il caffè tostato e servito alla maniera tradizionale.

Caffè all’etiope

Come forse saprai l’acqua qui è gratuita, basta trovare delle “case dell’acqua” e scegliere tra naturale o frizzante (la colonnina con tre onde in cima la fa uscire naturale, quella con due onde, frizzante).

Se mi chiedi cosa mi ha entusiasmato di più o quale significato abbia colto in mezzo a tutto questo, non saprei darti una risposta unica, non saprei condensare tutto in un’emozione, come una nota di una musica, perché i suoni sono tantissimi e non riesco a rinchiuderli tutti qui dentro.

Un trattato di agronomia, padiglione della Cina

Se poi mi sia arrivato un senso del tema di questo Expo, che ricordo è “nutrire il pianeta, energia per la vita” ti so dire ancora meno, perché a vederlo di corsa il rischio è quello di rimanere colpito dalle apparenze e poco, pochissimo dalla sostanza. Non ci sono poi solo i padiglioni ma anche i convegni e gli eventi, inutile dire che Expo è un aggregato enorme di storie, da quelle che autoelogiano a quelle che mettono in guardia dai rischi di questo modello di sviluppo.

Tra video e installazioni, anche lui, il cibo

Forse però le critiche non fanno veramente parte di un’esposizione universale, per sua stessa natura vetrina della nostra cultura. Del resto non è questo lo spirito con cui visitare questo spaccato di mondo. Per me le scelte consapevoli devono svolgersi quotidianamente, anche quando Expo sarà terminato.

Ripeto, queste righe sono poco più che una pagina di un diario. Tornerò più avanti, con maggiore organizzazione e allora, magari riuscirò a condensare qualche significato.