L’anno pare finire domani ma non ci ho mai creduto veramente. Lo dicono i calendari, gli auguri, l’obbligo di festeggiare, i buoni propositi per l’anno nuovo ma il mio animo un po’ antico, non certo nostalgico o conservatore, sente che sarebbe meglio celebrare altrove, magari l’inizio della primavera o, seguendo consuetudini ancestrali, la fine dei raccolti e l’inizio del vero inverno, attorno al 31 ottobre.

Dato che il mondo va così, almeno per ora, diamo allora per buona la fine del 2016 domani. Per qualcuno questo è stato un anno infausto, perché sono morte molte persone famose. Io tendo invece a vederlo come la fine di un ciclo, di un percorso iniziato qualche anno fa. Non so interpretare i segnali, lo devo ammettere, allora preferisco mantenere un aperto ottimismo, perché tanto vale sognare e farlo in modo chiaro. Al pessimismo ci pensano già in molti.

Il pessimismo diventa una profezia che si autoavvera, si riproduce paralizzando la nostra voglia di agire. I cambiamenti rivoluzionari non arrivano in un unico momento di cataclisma (guardiamoci bene da tali eventi!) ma attraverso una successione infinita di sorprese, muovendosi a zigzag verso una società più dignitosa.”

Howard Zinn

Non pretendo nemmeno colpi di bacchetta magica in grado di aggiustare tutte le cose ma credo a ciò che sento giusto. All’orizzonte scorgo così un crescente interesse e una crescente partecipazione a fenomeni che mi stanno a cuore, come un modo di viaggiare più attento all’ambiente, alle culture e anche a noi stessi, non a caso il 2017 sarà l’anno del turismo responsabile.

 Luca Vivan, Gozo, Malta

Una finestra sul Mediterraneo, nell’isola di Gozo, Malta

Tra le pieghe di un mondo che sta mutando in modo molto rapido, vedo anche altre cose, una critica all’uso invasivo dei social media, che prima o poi ne ridimensionerà il pesante peso; la progressiva tendenza a dare valore a ciò che è sano, pur nella confusione di diete e di stili di vita che a volte mi sembrano un po’ ideologici; l’idea che le istituzioni hanno un ruolo, che noi tutti però ne abbiamo uno più grande: non aspettare ma ritrovare un’umanità più grande di qualche cifra su un documento, riscoprire la voglia di tornare assieme e realizzare i nostri sogni, senza delegarli a grandi personaggi di passaggio sul teatro del mondo.

In generale, mi pare di sentire nell’aria qualcosa di nuovo, magari ancora un proposito, che invita a cercare un fine diverso delle nostre azioni, meno egoistico e più sincero. Il cinismo che va tanto di moda – perché è più facile arrendersi alla voce grossa che echeggia nelle strade e nelle piazze virtuali, che rischiare di sentire quella più vera dentro di noi – negherà tutto con una smorfia ma sono convinto che fare denaro non sarà più solo una questione di riempire dei vuoiti, di mettere una pezza qua e là nel nostro animo ferito fin da bambino. Sviluppare progetti, lavorarci con passione, guadagnare il giusto compenso per quello che si fa, vorrà dire cercare altri ritorni, oltre “la vista miope di chi indossa gli occhiali del contabile“.

Tutto ciò non avverrà nel 2017 ma questo potrebbe essere un buon anno per crederci di più, per sognare con più determinazione, senza farsi intimorire dall’idea che sono finiti i tempi buoni, che ormai siamo alla frutta e altre chiacchiere da bar o social media. Anzi, più mi invitano a dormire, strapazzato da brutti sogni, più mi viene voglia di credere in quello che posso fare.

Questo è il mio vero buon proposito per il prossimo anno e per gli anni a venire: alzare la testa verso i monti o verso l’orizzonte del mare, guardare dentro di me senza menzogne e sorridere, con l’idea che posso scrollarmi di dosso un sacco di bugie che non mi appartengono e che emergere non è un peccato, lo sarebbe il contrario.

(Foto di apertura scattata nel Nord della Thailandia alcuni fa, un luogo dove non sarebbe male ritornare nel 2017)