A volte vorrei planare sui luoghi senza toccarli, lasciandoli sospesi come delle immagini, come dei sogni in cui non c’è sporco, non ci sono spigoli e cartacce. Vorrei lasciarli lì, nascosti nella memoria, a richiamarmi senza rumore, senza avvisare nessun altro. I luoghi però non esistono solo per me e se ho avuto la fortuna di incontrarli, magari ho il compito di raccontarli, con una delicatezza capace di risuonare solo per i viaggiatori più consapevoli, meno distratti. Posso allora ritornare nel Delta del Po.

Questa regione appare già di suo sospesa, tra terra e acqua, tra mare e cielo quando l’orizzonte si confonde fino a sparire e rimane solo una barca a fare da confine. Terra di canali, di valli da pesca, di stradine dove difficilmente passano due macchine assieme, di argini su cui arrampicarsi per scattare una foto o per dimenticarsi della pianura alle spalle. Nel Delta del Po non credo si possa venire per nient’altro che per perdere i propri orizzonti quotidiani, per scomparire in qualche specchio d’acqua salmastra, ascoltando il silenzio portato dal vento tra i canneti, vicino a dove riposano dei fenicotteri.

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Le mie parole potrebbero anche non servire perché qui non puoi perderti veramente e per quanto il turismo sia ancora poco sviluppato, le informazioni necessarie emergono sempre, magari come si faceva un tempo, chiedendo alla persone del luogo, che si mostreranno un po’ stupite di fronte all’entusiasmo che si prova per la loro terra, com’è capitato a me. Le parole però sono necessarie per creare una voce, come una guida, capace di portarti vicino alla meraviglia, per invogliarti a partire, dando la giusta occasione anche a questo angolo mutevole di mondo.

Porto Caleri, la spiaggia di un tempo

Il punto più famoso nel Delta del Po vicino a Rosolina è un concentrato di storia e natura, di piante e di acque, che sembra difficile poter trovare a pochi passi dalle spiagge affollate dell’estate. Il Giardino Botanico di Porto Caleri mi è apparso dopo una strada sconnessa a causa delle radici di pini marittimi colpiti duramente da una violenta tromba d’aria del 2017, mentre affianco, quasi per un strano senso di opposizione, scorreva la calma piatta della laguna, delle valli dedite alla coltivazione dei frutti di mare.

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È il contrasto a farla da padrone, qui a Porto Caleri, come in genere nel Delta del Po, tra la terra ricoperta di decine di varietà di piante in cui prosperano uccelli, anfibi e mammiferi, e l’acqua, salmastra della laguna e quella propriamente salata dell’Adriatico che lambisce questo tratto di costa selvaggia. Contrasto, tra il silenzio della pineta che si avvicina fino alle valli da pesca e il suono delle onde, che senza sosta seguono il loro viaggio infinito verso la spiaggia.

Non è la biodiversità, né il silenzio, né i suoni della natura ad avermi portato qui, lo so. È l’insieme più vasto, di tutto questo e di qualcosa di più, il profumo delle tamerici o delle resine dei pini, il loro verde brillante anche d’inverno, la sabbia alzata dal vento dell’est, le chiacchiere con un altro visitatore, amante della natura, la sensazione di trovarsi di fronte al mondo di una volta, all’Adriatico com’era ovunque, prima del turismo di massa. Porto Caleri è un luogo raro, prezioso. Serve a ricordarci di quanto bello è anche questo mare, spesso bistrattato in favore dei mari più a sud, di quanto sia bella ed accogliente la sua parte selvaggia, senza cemento e frastuono.

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Via delle Valli, immersi nel Delta del Po

Dopo la spiaggia mi sono lasciato andare lungo strade di campagna e senza accorgermene mi sono trovato laddove volevo andare da tempo, nelle lagune, nelle valli, nelle acque che fanno da specchio al cielo, nei luoghi senza nome, nei silenzi degli spazi che non interessano a nessuno, nel tempo che si ferma fino a coincidere con quello intimo, con la necessità di vivere a proprio ritmo, senza ansia, senza risposte da dare e domande da farsi, così, semplicemente vivo.

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Basta seguire Via delle Valli, in parte agli argini di un ramo del Po, fino al mare e poi indietro, poi su e giù, tra strade che nelle mappe sembrano troppo sottili e fragili, pronte ad essere riassorbite nottetempo dalle acque. Se prima non capivo bene cosa ci stavo facendo in questa zona d’Italia – il Polesine – un tempo tra le più povere e ancora oggi considerata come luogo senza fascino, quasi da evitare a tutti i costi, di fronte alle acque salmastre comprendo, senza capire con le parole, con le spiegazioni e con le logiche, ma più in profondità, laddove si apre il fascino che evoca il senso vero del viaggio.

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Nel Delta del Po non si viene in cerca di nulla di preciso – come si potrebbe, in un luogo sospeso, senza confini, impreciso per natura? -, forse per un tour fotografico, per una gita in barca o una mangiata di pesce, tutti motivi che condivido appieno. Qui si viene per stare in un posto che non è né una cosa né l’altra, né terra né acqua, per disimparare un attimo cosa siano i limiti, le cose fisse su cui ci arrampichiamo ogni giorno, il senso del dritto e del rovescio. Nel Delta del Po io ritorno solo per un senso di nulla, che mi riempie talmente tanto, da sentirlo anche ora mentre scrivo, a distanza di mesi e di chilometri.