Il suono dell’acqua che si fa quasi più densa man mano che procediamo con il bragozzo negli ultimi tratti del fiume Sile, l’orizzonte si apre e appare uno specchio di riflessi e miraggi. Siamo entrati nella laguna, né mare, né fiume, ma entrambi, un mondo oltre Venezia.

Qui, a nord, tra isolette abbandonate e aironi che sembrano pescare il sole riflesso nelle maree, ha avuto origine uno dei più grandi imperi marittimi della storia, la Serenissima, ponte tra Occidente ed Oriente.

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La laguna è un labirinto, dove pescare meraviglie

Verso l’Arsenale, fabbrica di navi e gloria

Un pescatore segue la sua via tra le bricole, i pali che segnano le vie d’acqua, passando davanti ad un antico campanile, noi proseguiamo oltre, verso la città che più di ogni altre si insinua nelle fantasie di viaggiatori ed artisti, un miracolo di ingegneria che sopravvive ai moti della natura e a quelli dell’uomo.

Il faro dell’isola di Burano e i colori delle case gettano lontano, definitivamente, la sensazione di essere a nord del mondo. Qui sento l’aria del Mediterraneo, dei borghi di pescatori e delle grandi città che cullavano la storia, delle grandi lotte su cui essa si infrangeva. Venezia univa l’asse verticale e orizzontale del mondo, il sud degli arabi con il nord dei germani, l’oriente oltre Bisanzio , verso le spezie, con l’ovest dei regni cristiani. I punti che collegavano le culture e la storia erano barche di legno, fabbricate con la perizia degna di un’industria moderna.

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Un cantiere, una fabbrica, uno specchio delle brame di conquista, l’Arsenale di Venezia

Entriamo nell’Arsenale, fabbrica di navi e sogni di gloria, ora silenziosa dimora di esposizioni e pochi ormeggi. In questo bacino veniva costruito con duro lavoro, organizzato in modo industriale, l’impero di Venezia, regno che non aveva bisogno di molta terra, perché il suo dominio era nel mare.

Oltre Venezia, verso le sue origini

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A protezione di Venezia, il forte di Sant’Andrea ora è monumento addormentato

Il tempo di una sosta e di un caffè, il bragozzo lascia i vecchi cantieri navali e ritorna a nella laguna nord, oltre Venezia, passando vicino ad un forte del’500, bastione di pietra e terra contro la minaccia dei Turchi, ora addormentato in un abbandono artistico, meta ideale per fotografi o cacciatori di fantasmi.

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Qui l’abbandono è un fatto più di poesia che di manutenzione

Mi addentro in un sentiero con alberi che non conoscono più la mano dell’uomo e in parte, i dettagli si sommano, tutti degni di essere catturati da una fotografia. Il forte è a pochi metri dall’imbarco improvvisato, una struttura che sopporta stoicamente i secoli e le intemperie, ancora capace di esprimere il proprio potere, anche se il nemico ora non è più il feroce Ottomano ma la sottile incuria.

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Gallerie dove oggi passano solo le piante e qualche vecchio fantasma

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La laguna come da un oblò, un buco nella fortezza, per i cannoni o per sognare il mare

Rapito da questo passato ricoperto di piante, dalle pietre corrose dal sale e dalle porte aperte su sgabuzzini bui e deserti, dimentico che è ora di tornare in barca e di partire. Il bragozzo mi attende per andare verso luoghi più antichi, girando attorno a barene e campagne in mezzo alla laguna.

Verso Torcello, antico rifugio

Oltre Venezia e il rumore delle calli invase dalla fretta e il consumo veloce ci sono spazi che sembrano invitare a lasciar andare tutto, per seguire il volo di un gabbiano o un orizzonte incerto, anche rimanere in secca non farebbe molta differenza, perché il tempo qui non ha lo stesso prezzo che ha laggiù tra la ressa di un turismo effimero.

Ecco Sant’Erasmo, l’orto di Venezia, con i suoi filari di carciofi e la quiete dei campi, e poco più in là San Francesco del Deserto, dove ritirarsi in meditazione ascoltando il vento tra i cipressi, attenti solo al proprio respiro o al moto perpetuo delle maree.

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Scorci del primo Medioevo, la basilica di Santa Maria Assunta a Torcello

La barca prosegue come attratta da un suo magnetismo, verso un’isola pressoché disabitata, che dopo la caduta dell’impero romano e le invasioni dei Longobardi era diventata rifugio per le popolazioni dell’area attorno ad Altino, da dove sono partito io oggi.

A Torcello non rimane quasi più nulla di quell’antico potere. Degli echi di Bisanzio e della ricchezza dei vescovi che intervenivano nel commercio marittimo prima che fosse sviluppato il mercato e i fondachi di Rialto, nucleo originario di Venezia, oggi resta poco, se non la basilica di Santa Maria Assunta, tra le più antiche del Veneto. Il centro di quello che era una città di oltre 10.000 abitanti ora è una piccola piazza ed un canale, il resto si perde verso la laguna, in stradine che trasmettono la pace della campagna.

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Nella quiete della campagna, a Torcello

La gloria del mondo passa e anche per me è tempo di ripartire, verso la vicina Burano, l’isola delle case colorate.

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Colori che esplodono nel silenzio della laguna, Burano

Qui, dove si conservano ancora i colori, che un tempo rivestivano anche Venezia, mi fermo poco perché voglio andare oltre il turismo che circonda l’isola e la penetra da ogni lato. Mi bastano pochi passi ed un ponte per trovarmi a Mazzorbo, il Maggior Borgo dei tempi antichi, quando insieme a Torcello qui erano di casa mercanti e notabili.

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Oltre Venezia c’è Mazzorbo, oltre il turismo un’isola di tranquillità

Ora anche in questa isola si possono contare i propri passi senza essere disturbati dal chiasso, si può allungare la propria ombra che pare quasi andarsene da sola, per inseguire un gatto o un qualche suo sogno.

Senza fretta la mia guida mi conduce verso un piccolo edificio quasi nascosto, che se ne sta per conto suo affacciato ad un canale, l’ultimo luogo di culto rimasto a Mazzorbo dopo la soppressione degli ordini religiosi imposta da Napoleone ad inizio Ottocento.

La chiesa di Santa Caterina d’Alessandria mi accoglie con discrezione, senza la gloria delle chiese che si trovano a qualche miglio da qui, senza richiamare l’attenzione, eppure vale la pena soffermarsi sulla soglia ed entrarvi. Sopra la mia testa c’è un vecchio campanile, con una campana del 1318, la più antica della laguna, che ancora suona, ogni giorno, non si sa se per innata devozione o per lo spirito di caparbietà che qui hanno tutte le cose, capaci di resistere alle pesti, alle rovine della storia e all’invasione di barbari antichi o moderni.

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Sulla soglia, mattoni riarsi dal sale e giochi di luce tra pietre antiche, chiesa di Santa Caterina d’Alessandria

A me non resta che ringraziare Slow Venice e con un piccolo inchino levare l’ancora per tornare nella terra ferma. L’acqua salmastra diventa presto dolce, il Sile mi accoglie nuovamente e mentre cala la sera ritrovo l’orizzonte su questo angolo di Veneto, un mondo da esplorare, per chi vuole andare oltre Venezia.

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Lungo il Sile, verso casa