Ogni tanto mi piace perdermi, far finta di essere turista a casa mia. Mi lascio scivolare lungo stradine, dimenticando quanto credo di sapere. Vago tra i vicoli dei piccoli paesi ai piedi dei monti, alla ricerca dei suoni delle lingue e dei dialetti, così diversi in pochi chilometri, gustando i sapori di ciò che ancora viene preservato lontano dalla frenesia che tutto appiattisce. Sono venuto così a Fanna, non lontano da Maniago, per celebrare le mele antiche, i frutti di un tempo che sono stati riscoperti, accuditi e diffusi. Una festa della biodiversità della mia terra.

Da 17 anni, all’inizio dell’autunno, nella Pedemontana del pordenonese c’è un evento particolare, non una delle tante sagre che affollano le piazze dei paesi finché il tempo è mite. È una mostra che festeggia il raccolto di un frutto importante, per la salute degli essere umani e anche delle comunità, che lo usavano come e vera propria merce di scambio. La Mostra Itinerante delle Mele Antiche dura un giorno ma è come un fiore che sboccia, la parte visibile di un lungo lavoro, portato avanti da molti volontari.

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Dal 2002 un nutrito gruppo di abitanti di questa zona del Friuli va nei prati, nei giardini, segue le vecchie strade che si inerpicano nelle vallate tra i monti, in cerca delle varietà di mele di un tempo. Sono i frutti che non appaiono nei supermercati, che sono stati dimenticati in favore di nomi come “fuji” “golden” o “pink lady” che chiaramente arrivano da lontano e che sono famosi perché producono di più o rispecchiano certi standard buoni per noi consumatori inconsapevoli di oggi.

Le mele antiche e tutti gli altri frutti od ortaggi coltivati per secoli se non per millenni, come il figo moro da Caneva, possono apparire “imperfetti”, sgraziati e bizzarri. Il loro difetto principale è poi avere un sapore deciso e richiedere pochi trattamenti, se non addirittura nessuno, perché sono figli di quel particolare terreno, con cui hanno sviluppato una simbiosi ideale.

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Nella nostra “società al contrario”, bisogna produrre quantità e dimenticare le sfumature. Eppure, ci sono sempre delle persone che amano uscire dagli schemi, che sentono di avere bisogno di qualcosa di diverso. Capita poi che si incontrino e si riuniscano per fare qualcosa di bello assieme, gettando i semi di un mondo diverso.

Nella provincia che ai più appare isolata e conservatrice, un’associazione si sta impegnando da anni a catalogare, innestare, curare le mele antiche che gli abitanti del luogo hanno coltivato prima dei supermercati. Lo fanno per passione, perché vogliono mangiare qualcosa di “buono, pulito e giusto”, come dice lo slogan di Slow Food e lo vogliono trasmettere anche a chi, come me, passa di qui in cerca di un po’ di semplice bellezza e consapevolezza.

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Ed io sono sempre vicino a chi coltiva il proprio giardino per aprirlo agli altri, per farne un esempio, per mostrare la creatività della natura che ci lascia stupefatti ogni qual volta ci avviciniamo a lei. Pare siano diverse migliaia le mele antiche presenti nella sola Europa, ognuna specifica di un piccolo paese, di una valle, della riva di un fiume o anche solo di un frutteto perso chissà dove.

Festeggiarle assieme, nella piazza di un paese, è il modo con cui noi esseri umani ci ricordiamo del nostro ruolo, di custodi di tale biodiversità. Diversità e varietà della vita mai uguale, mai ferma, ma in costante evoluzione.

Verde, giallo, rosso, ruggine sono i colori vividi che ho visto sui tavoli, quasi un’esplosione di gioia per chiudere la bella stagione e prepararci al periodo in cui la vita si ritira e si nasconde. Una festa del raccolto serve a questo, ringraziare per i doni ricevuti, mai scontati.

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Frittelle di mele, centrifugati, piantine da prenotare o da ritirare, musica e chiacchiere in piazza o in un cortile, sono sapori e momenti che vanno vissuti senza fretta, senza tante descrizioni. Il mio invito è di ricavarti un fine settimana per venire da queste parti, per una dolce passeggiata nei boschi che si incendiano d’autunno in quei colli o monti che si vedono da Fanna e poi di scendere a valle, per ricordarti che il mondo è infinitamente più vario e più bello, di quanto si pensi normalmente.