Il viaggio non è solo piacere, è confronto e rottura del quotidiano, è uno strumento per metter a nudo le cose. Per questo il viaggio ha una grande funzione in questa epoca, dove, come in una danza del ventre, i veli cadono uno dopo l’altro, dove il troppo avere, il troppo parlare, il troppo agire e pensare, richiedono l’esatto opposto, la semplicità. L’Umbria è uno di quei luoghi che a me sembra parlare di questo, forse lo fa da secoli grazie all’esempio di un certo Francesco, che cercava più la vicinanza agli alberi e agli animali che agli inganni. Forse lo fa solo stando un po’ in disparte rispetto al “grande turismo” della Toscana (anche se luoghi come il Casentino, vicino ad Arezzo, poco hanno a che fare con il rumore del consumo veloce).

Ritrovarsi in Umbria

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Tra gli infiniti colli

Che l’Umbria sia un viaggio ideale per ritrovare se stessi, una sorta di deriva mistica senza dover prendere l’aereo e volare in India, l’avevo già capito due anni fa, durante un fine settimana tra Assisi, Spello e Perugia. Piccoli borgate, paesi fatti ancora di pietra e non solo di cemento, colli ricoperti di olivi, nuvole che corrono tra vecchie chiese e vicoli silenziosi, sono un sussurro, una piccola preghiera senza parole ad abbandonare le solite strade che non conducono a nulla, per ritrovare il proprio cammino.

L’Umbria, quasi nascosta, un po’ timida, può diventare allora un centro, fatto di tantissimi centri, dove andare per imparare. La bellezza dei paesaggi diventa uno stimolo, un dolce contagio che dall’esterno entra dentro e ti spinge a cercare il bello in te stesso, per farne tesoro e cominciare a cambiare. La fortuna del nostro paese, escluse alcune zone di pianura dove abbiamo dimenticato il gusto ed il piacere, è proprio in questa armonia di clima, territori e tradizioni che sembrano messi lì apposta per continuare un’opera millenaria, per migliorarla e donarla al viaggiatore che viene d’altri luoghi.

I monasteri del XXI secolo, una tribù in Umbria

 

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Un vecchio borgo tra i colli

I monasteri, gli eremi del XXI secolo non sono più i rifugi dove ci si allontana dal mondo, sono officine, laboratori dove ci si allontana dal rumore, il tempo necessario a capire, per poi agire. Salendo i soliti, infiniti colli, quasi perdendomi lungo la strada, ne ho incontrato uno, non lontano da Perugia.

Monestevole è una di quelle borgate che il XX secolo ha abbandonato seguendo il miraggio delle città. Come altri luoghi simili, in giro per l’Italia e per il mondo, è tornato a vivere, richiamando i figli di quelle migrazioni urbane, che dopo essere nati nell’agio hanno iniziato a chiedersi la direzione del progresso. Sono le stesse domande che si pongono ragazzi e ragazze che ho incontrato in Australia, in Spagna, in Brasile, in Thailandia, silenzi e sguardi sospesi che non portano da nessuna parte, perché non c’è alcuna direzione in questa corsa.

Se la risposta è negativa, affermativa è l’azione che spinge queste persone a viaggiare e ritrovarsi in luoghi che sono progetti di vita, piccoli fari che nel piccolo indicano la via. Tribewanted Monestevole è diventato un crocevia di viaggiatori che vogliono vedere da vicino come si coltiva un orto che non è solo biologico ma è parte di un tutto, disegnato e amministrato affinché non ci siano sprechi, affinché tutto venga riutilizzato e che questo tutto non venga consumato ma migliori nel tempo.

Questa è l’eco-logia, la logica di fare le cose con un senso in cui possiamo arricchirci tutti. Le piante diventano così strumenti per depurare  gli scarichi (fitodepurazione), dove non andranno detersivi e dentifrici nocivi ma sostanze veramente biodegradabili, prodotte nella stessa comunità, mentre si costruiscono serre per riscaldare le stanze e allo stesso tempo le piante, e si coltivano frutta e ortaggi in modo che ci sia varietà e sinergia. E’ un processo che si chiama Permacultura, termine che deriva dall’unione di due parole inglesi “permanent culture” (cultura permanente, stabile), insieme di tradizione ed innovazione che indica la vera sostenibilità, ciò che non si deve consumare, che deve durare e magari migliorare.

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La forza indomita dei sogni

L’aria buona, lo sguardo ampio, i colli che sembrano onde di terra, eppure la bellezza di questo sogno non è solo nel paesaggio ma nella volontà di renderlo concreto ogni giorno che passa, non un gioco di quelli che in fondo non sono mai veramente sostenibili, perché manca un modello di business o perché si finisce sempre per litigare. Monestevole non è una comunità hippie, è un progetto del XXI secolo, fatto di stili di vita alternativi ma anche di efficace comunicazione sul web, di giovani di mezzo mondo e aria di festa ma anche di mani sporche di terra, di isolamento in un bellissimo “nulla” ma anche di rete con progetti simili ai quattro angoli del pianeta e in Italia.

Salendo le curve, perdendo i contorni delle città, affievolendosi il rumore delle macchine e delle parole, il moderno pellegrino giunge su questa collina e lascia vagare lo sguardo. Non è arrivato alla fine del suo percorso, magari qui troverà altre vie da percorrere. In questo angolo di Umbria potrà far parte di un movimento crescente, di un nuovo turismo, che invita a lasciarsi ispirare, per portarsi a casa entusiasmo, buoni esempi e passione per la vita vera, quella che spinge a migliorare se stessi e il pezzo di terra che ci è stato affidato.